suum propositum adhortationem sumpsit apostoli Pauli ad Timotheum:
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l'atteggiamento di fondo dell'uomo che vive la parola di Dio veniva riassunto
nel termine zadic - il giusto: chi vive secondo la parola di Dio diventa un
giusto; egli pratica e vive la giustizia. Nel cristianesimo, l'atteggiamento dei
discepoli di Gesù Cristo veniva poi espresso con un'altra parola: il fedele. La
fede comprende tutto; questa parola ora indica insieme l'essere con Cristo e
l'essere con la sua giustizia. Riceviamo nella fede la giustizia di Cristo, la
viviamo in prima persona e la trasmettiamo. Il documento di Aparecida
concretizza tutto ciò parlando della buona notizia sulla dignità dell'uomo,
sulla vita, sulla famiglia, sulla scienza e la tecnologia, sul lavoro umano, sulla
destinazione universale dei beni della terra e sull'ecologia: dimensioni nelle
quali si articola la nostra giustizia, viene vissuta la fede e vengono date
risposte alle sfide del tempo.
Il discepolo di Gesù Cristo deve essere anche «missionario », messaggero
del Vangelo, ci dice quel documento. Anche qui si leva un'obiezione: è lecito
ancora oggi « evangelizzare »? Non dovrebbero piuttosto tutte le religioni e
concezioni del mondo convivere pacificamente e cercare di fare insieme il
meglio per l'umanità, ciascuna nel proprio modo? Ebbene, è indiscutibile
che dobbiamo tutti convivere e cooperare nella tolleranza e nel rispetto reci-
proci. La Chiesa cattolica si impegna per questo con grande energia e, con i
due incontri di Assisi, ha lasciato anche indicazioni evidenti in questo senso,
indicazioni che, nell'incontro a Napoli di quest'anno, abbiamo ripreso nuo-
vamente. Al riguardo mi piace qui ricordare la lettera gentilmente inviatami
il 13 ottobre scorso da 138 leader religiosi musulmani per testimoniare il loro
comune impegno nella promozione della pace nel mondo. Con gioia ho rispo-
sto esprimendo la mia convinta adesione a tali nobili intendimenti e sottoli-
neando al tempo stesso l'urgenza di un concorde impegno per la tutela dei
valori del rispetto reciproco, del dialogo e della collaborazione. Il riconosci-
mento condiviso dell'esistenza di un unico Dio, provvido Creatore e Giudice
universale del comportamento di ciascuno, costituisce la premessa di un'a-
zione comune in difesa dell'effettivo rispetto della dignità di ogni persona
umana per l'edificazione di una società più giusta e solidale.
Ma questa volontà di dialogo e di collaborazione significa forse allo stesso
tempo che non possiamo più trasmettere il messaggio di Gesù Cristo, non più
proporre agli uomini e al mondo questa chiamata e la speranza che ne deriva?
Chi ha riconosciuto una grande verità, chi ha trovato una grande gioia, deve
trasmetterla, non può affatto tenerla per sé. Doni cosı̀ grandi non sono mai
destinati ad una persona sola. In Gesù Cristo è sorta per noi una grande luce,