suum propositum adhortationem sumpsit apostoli Pauli ad Timotheum:
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senta la terra maltrattata. Cristo non ricostruisce un qualsiasi palazzo. Egli è
venuto per ridare alla creazione, al cosmo la sua bellezza e la sua dignità: è
questo che a Natale prende il suo inizio e fa giubilare gli Angeli. La terra
viene rimessa in sesto proprio per il fatto che viene aperta a Dio, che ottiene
nuovamente la sua vera luce e, nella sintonia tra volere umano e volere
divino, nell'unificazione dell'alto col basso, recupera la sua bellezza, la sua
dignità. Cosı̀ Natale è una festa della creazione ricostituita. A partire da
questo contesto i Padri interpretano il canto degli Angeli nella Notte santa:
esso è l'espressione della gioia per il fatto che l'alto e il basso, cielo e terra si
trovano nuovamente uniti; che l'uomo è di nuovo unito a Dio. Secondo i
Padri fa parte del canto natalizio degli Angeli che ora Angeli e uomini possa-
no cantare insieme e in questo modo la bellezza del cosmo si esprima nella
bellezza del canto di lode. Il canto liturgico - sempre secondo i Padri -
possiede una sua dignità particolare per il fatto che è un cantare insieme ai
cori celesti. È l'incontro con Gesù Cristo che ci rende capaci di sentire il canto
degli Angeli, creando cosı̀ la vera musica che decade quando perdiamo questo
con-cantare e consentire.
Nella stalla di Betlemme cielo e terra si toccano. Il cielo è venuto sulla
terra. Per questo, da lı̀ emana una luce per tutti i tempi; per questo lı̀ s'ac-
cende la gioia; per questo lı̀ nasce il canto. Alla fine della nostra meditazione
natalizia vorrei citare una parola straordinaria di sant'Agostino. Interpretan-
do l'invocazione della Preghiera del Signore: « Padre nostro che sei nei cieli »,
egli domanda: che cosa è questo - il cielo? E dove è il cielo? Segue una
risposta sorprendente: « ...che sei nei cieli - ciò significa: nei santi e nei giusti.
I cieli fisici sono, sı̀, i corpi più alti dell'universo, ma tuttavia corpi, che non
possono essere se non in un luogo. Se, però, si crede che il luogo di Dio sia nei
cieli come nelle parti più alte del mondo, allora gli uccelli sarebbero più
fortunati di noi, perché vivrebbero più vicini a Dio. Ma non è scritto: "Il
Signore è vicino a quanti abitano sulle alture o sulle montagne", ma invece:
"Il Signore è vicino ai contriti di cuore",7 espressione che si riferisce all'umil-
tà. Come il peccatore viene chiamato "terra", cosı̀ al contrario il giusto può
essere chiamato "cielo" ».8 Il cielo non appartiene alla geografia dello spazio,
ma alla geografia del cuore. E il cuore di Dio, nella Notte santa, si è chinato
giù fin nella stalla: l'umiltà di Dio è il cielo. E se andiamo incontro a questa
umiltà, allora tocchiamo il cielo. Allora diventa nuova anche la terra. Con
7 Sal 34[33], 19. 8 Serm. in monte II 5, 17.