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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1042
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1044
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1046
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1048
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1050
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1052
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1054
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1056
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1058
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1060
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1062
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1064
Congregatio de Causis Sanctorum 1065
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1066
Congregatio de Causis Sanctorum 1067
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1068
Congregatio pro Episcopis 1069
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1070
Acta Benedicti Pp. XVI 1023
storia della salvezza, ma non hanno potuto vedere il mistero stesso, il vero
nucleo: che Gesù era realmente Figlio di Dio, che il Dio trinitario entra nella
nostra storia, in un determinato momento storico, in un uomo come noi.
L'essenziale è rimasto nascosto! Si potrebbero facilmente citare grandi nomi
della storia della teologia di questi duecento anni, dai quali abbiamo impa-
rato molto, ma non è stato aperto agli occhi del loro cuore il mistero.
Invece, ci sono anche nel nostro tempo i piccoli che hanno conosciuto tale
mistero. Pensiamo a santa Bernardette Soubirous; a santa Teresa di Lisieux,
con la sua nuova lettura della Bibbia « non scientifica », ma che entra nel
cuore della Sacra Scrittura; fino ai santi e beati del nostro tempo: santa
Giuseppina Bakhita, la beata Teresa di Calcutta, san Damiano de Veuster.
Potremmo elencarne tanti!
Ma da tutto ciò nasce la questione: perché è cosı̀? È il cristianesimo la
religione degli stolti, delle persone senza cultura, non formate? Si spegne la
fede dove si risveglia la ragione? Come si spiega questo? Forse dobbiamo
ancora una volta guardare alla storia. Rimane vero quanto Gesù ha detto,
quanto si può osservare in tutti i secoli. E tuttavia c'è una « specie » di piccoli
che sono anche dotti. Sotto la croce sta la Madonna, l'umile ancella di Dio e la
grande donna illuminata da Dio. E sta anche Giovanni, pescatore del lago di
Galilea, ma è quel Giovanni che sarà chiamato giustamente dalla Chiesa « il
teologo », perché realmente ha saputo vedere il mistero di Dio e annunciarlo:
con l'occhio dell'aquila è entrato nella luce inaccessibile del mistero divino.
Cosı̀, anche dopo la sua risurrezione, il Signore, sulla strada verso Damasco,
tocca il cuore di Saulo, che è uno dei dotti che non vedono. Egli stesso, nella
prima Lettera a Timoteo, si definisce « ignorante » in quel tempo, nonostante
la sua scienza. Ma il Risorto lo tocca: diventa cieco e, al tempo stesso, diventa
realmente vedente, comincia a vedere. Il grande dotto diviene un piccolo, e
proprio per questo vede la stoltezza di Dio che è saggezza, sapienza più
grande di tutte le saggezze umane.
Potremmo continuare a leggere tutta la storia in questo modo. Solo un'os-
servazione ancora. Questi dotti sapienti, sofòi e sinetòi, nella prima lettura,
appaiono in un altro modo. Qui sofia e sı́nesis sono doni dello Spirito Santo
che riposano sul Messia, su Cristo. Che cosa significa? Emerge che c'è un
duplice uso della ragione e un duplice modo di essere sapienti o piccoli. C'è
un modo di usare la ragione che è autonomo, che si pone sopra Dio, in tutta la
gamma delle scienze, cominciando da quelle naturali, dove un metodo adatto
per la ricerca della materia viene universalizzato: in questo metodo Dio non