ACTA BENEDICTI PP. XVI

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 Acta Benedicti Pp. XVI 1059

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 Acta Benedicti Pp. XVI 1061

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1062

 Acta Benedicti Pp. XVI 1063

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1064

 Congregatio de Causis Sanctorum 1065

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1066

 Congregatio de Causis Sanctorum 1067

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1068

 Congregatio pro Episcopis 1069

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1070

 Diarium Romanae Curiae 1071

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1072

 Diarium Romanae Curiae 1073

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale1074

Acta Benedicti Pp. XVI 1023

storia della salvezza, ma non hanno potuto vedere il mistero stesso, il vero

nucleo: che Gesù era realmente Figlio di Dio, che il Dio trinitario entra nella

nostra storia, in un determinato momento storico, in un uomo come noi.

L'essenziale è rimasto nascosto! Si potrebbero facilmente citare grandi nomi

della storia della teologia di questi duecento anni, dai quali abbiamo impa-

rato molto, ma non è stato aperto agli occhi del loro cuore il mistero.

Invece, ci sono anche nel nostro tempo i piccoli che hanno conosciuto tale

mistero. Pensiamo a santa Bernardette Soubirous; a santa Teresa di Lisieux,

con la sua nuova lettura della Bibbia « non scientifica », ma che entra nel

cuore della Sacra Scrittura; fino ai santi e beati del nostro tempo: santa

Giuseppina Bakhita, la beata Teresa di Calcutta, san Damiano de Veuster.

Potremmo elencarne tanti!

Ma da tutto ciò nasce la questione: perché è cosı̀? È il cristianesimo la

religione degli stolti, delle persone senza cultura, non formate? Si spegne la

fede dove si risveglia la ragione? Come si spiega questo? Forse dobbiamo

ancora una volta guardare alla storia. Rimane vero quanto Gesù ha detto,

quanto si può osservare in tutti i secoli. E tuttavia c'è una « specie » di piccoli

che sono anche dotti. Sotto la croce sta la Madonna, l'umile ancella di Dio e la

grande donna illuminata da Dio. E sta anche Giovanni, pescatore del lago di

Galilea, ma è quel Giovanni che sarà chiamato giustamente dalla Chiesa « il

teologo », perché realmente ha saputo vedere il mistero di Dio e annunciarlo:

con l'occhio dell'aquila è entrato nella luce inaccessibile del mistero divino.

Cosı̀, anche dopo la sua risurrezione, il Signore, sulla strada verso Damasco,

tocca il cuore di Saulo, che è uno dei dotti che non vedono. Egli stesso, nella

prima Lettera a Timoteo, si definisce « ignorante » in quel tempo, nonostante

la sua scienza. Ma il Risorto lo tocca: diventa cieco e, al tempo stesso, diventa

realmente vedente, comincia a vedere. Il grande dotto diviene un piccolo, e

proprio per questo vede la stoltezza di Dio che è saggezza, sapienza più

grande di tutte le saggezze umane.

Potremmo continuare a leggere tutta la storia in questo modo. Solo un'os-

servazione ancora. Questi dotti sapienti, sofòi e sinetòi, nella prima lettura,

appaiono in un altro modo. Qui sofia e sı́nesis sono doni dello Spirito Santo

che riposano sul Messia, su Cristo. Che cosa significa? Emerge che c'è un

duplice uso della ragione e un duplice modo di essere sapienti o piccoli. C'è

un modo di usare la ragione che è autonomo, che si pone sopra Dio, in tutta la

gamma delle scienze, cominciando da quelle naturali, dove un metodo adatto

per la ricerca della materia viene universalizzato: in questo metodo Dio non