ACTA BENEDICTI PP. XVI

 pro Gentium Evangelizatione subicimus. Praeterea iubemus episcopalem se-

 Acta Benedicti Pp. XVI 59

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 Acta Benedicti Pp. XVI 61

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 Acta Benedicti Pp. XVI 99

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 Acta Benedicti Pp. XVI 103

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 Acta Benedicti Pp. XVI 105

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 Acta Benedicti Pp. XVI 107

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 Acta Benedicti Pp. XVI 109

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 Acta Benedicti Pp. XVI 111

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale112

 Acta Benedicti Pp. XVI 113

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale114

 Congregatio pro Episcopis 115

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 DIARIUM ROMANAE CURIAE

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 Diarium Romanae Curiae 119

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Acta Benedicti Pp. XVI 109

dimostrarsi « ragionevole »? A questo punto vorrei per il momento solo bre-

vemente rilevare che John Rawls, pur negando a dottrine religiose compren-

sive il carattere della ragione « pubblica », vede tuttavia nella loro ragione

« non pubblica » almeno una ragione che non potrebbe, nel nome di una ra-

zionalità secolaristicamente indurita, essere semplicemente disconosciuta a

coloro che la sostengono. Egli vede un criterio di questa ragionevolezza fra

l'altro nel fatto che simili dottrine derivano da una tradizione responsabile e

motivata, in cui nel corso di lunghi tempi sono state sviluppate argomenta-

zioni sufficientemente buone a sostegno della relativa dottrina. In questa

affermazione mi sembra importante il riconoscimento che l'esperienza e la

dimostrazione nel corso di generazioni, il fondo storico dell'umana sapienza,

sono anche un segno della sua ragionevolezza e del suo perdurante significato.

Di fronte ad una ragione a-storica che cerca di autocostruirsi soltanto in una

razionalità a-storica, la sapienza dell'umanità come tale - la sapienza delle

grandi tradizioni religiose - è da valorizzare come realtà che non si può

impunemente gettare nel cestino della storia delle idee.

Ritorniamo alla domanda di partenza. Il Papa parla come rappresentante

di una comunità credente, nella quale durante i secoli della sua esistenza è

maturata una determinata sapienza della vita; parla come rappresentante di

una comunità che custodisce in sé un tesoro di conoscenza e di esperienza

etiche, che risulta importante per l'intera umanità: in questo senso parla

come rappresentante di una ragione etica.

Ma ora ci si deve chiedere: E che cosa è l'università? Qual è il suo compito?

È una domanda gigantesca alla quale, ancora una volta, posso cercare di

rispondere soltanto in stile quasi telegrafico con qualche osservazione. Penso

si possa dire che la vera, intima origine dell'università stia nella brama di

conoscenza che è propria dell'uomo. Egli vuol sapere che cosa sia tutto ciò che

lo circonda. Vuole verità. In questo senso si può vedere l'interrogarsi di

Socrate come l'impulso dal quale è nata l'università occidentale. Penso ad

esempio - per menzionare soltanto un testo - alla disputa con Eutifrone,

che di fronte a Socrate difende la religione mitica e la sua devozione. A ciò

Socrate contrappone la domanda: « Tu credi che fra gli dei esistano realmente

una guerra vicendevole e terribili inimicizie e combattimenti ... Dobbiamo,

Eutifrone, effettivamente dire che tutto ciò è vero? ».1 In questa domanda

apparentemente poco devota - che, però, in Socrate derivava da una reli-

1 6 b-c.