An. et vol. CIV 2 Novembris 2012 N. 11
Index huius fasciculi (An. CIV, N. 11 - 2 Novembris 2012)
LIBRERIA EDITRICE VATICANA 00120 CITTÀ DEL VATICANO
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fuoco trasformante, fuoco di passione - certamente - che distrugge anche
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale972
Congregatio de Causis Sanctorum 973
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale974
Congregatio de Causis Sanctorum 975
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale976
Congregatio de Causis Sanctorum 977
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale978
Congregatio de Causis Sanctorum 979
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Congregatio de Causis Sanctorum 981
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale982
Congregatio de Causis Sanctorum 983
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anche una piccola realtà filologica: « confessio » nel latino precristiano si di-
rebbe non « confessio » ma «professio » (profiteri): questo è il presentare positi-
vamente una realtà. Invece la parola « confessio » si riferisce alla situazione in
un tribunale, in un processo dove uno apre la sua mente e confessa. In altre
parole, questa parola « confessione », che nel cristiano latino ha sostituito la
parola «professio », porta in sé l'elemento martirologico, l'elemento di testi-
moniare davanti a istanze nemiche alla fede, testimoniare anche in situazioni
di passione e di pericolo di morte. Alla confessione cristiana appartiene es-
senzialmente la disponibilità a soffrire: questo mi sembra molto importante.
Sempre nell'essenza della « confessio » del nostro Credo, è implicata anche la
disponibilità alla passione, alla sofferenza, anzi, al dono della vita. E proprio
questo garantisce la credibilità: la « confessio » non è qualunque cosa che si
possa anche lasciar cadere; la « confessio » implica la disponibilità di dare la
mia vita, di accettare la passione. Questo è proprio anche la verifica della
« confessio ». Si vede che per noi la « confessio » non è una parola, è più che il
dolore, è più che la morte. Per la « confessio » realmente vale la pena di soffrire,
vale la pena di soffrire fino alla morte. Chi fa questa « confessio » dimostra cosı̀
che veramente quanto confessa è più che vita: è la vita stessa, il tesoro, la
perla preziosa e infinita. Proprio nella dimensione martirologica della parola
« confessio » appare la verità: si verifica solo per una realtà per cui vale la pena
di soffrire, che è più forte anche della morte, e dimostra che è verità che tengo
in mano, che sono più sicuro, che « porto » la mia vita perché trovo la vita in
questa confessione.
Adesso vediamo dove dovrebbe penetrare questa « confessione »: «Os, lin-
gua, mens, sensus, vigor ». Da San Paolo, Lettera ai Romani 10, sappiamo che
la collocazione della « confessione » è nel cuore e nella bocca: deve stare nel
profondo del cuore, ma deve essere anche pubblica; deve essere annunciata la
fede portata nel cuore: non è mai solo una realtà nel cuore, ma tende ad essere
comunicata, ad essere confessata realmente davanti agli occhi del mondo.
Cosı̀ dobbiamo imparare, da una parte, ad essere realmente - diciamo -
penetrati nel cuore dalla « confessione », cosı̀ il nostro cuore è formato, e dal
cuore trovare anche, insieme con la grande storia della Chiesa, la parola e il
coraggio della parola, e la parola che indica il nostro presente, questa « con-
fessione » che è sempre tuttavia una. «Mens »: la « confessione » non è solo cosa
del cuore e della bocca, ma anche dell'intelligenza; deve essere pensata e cosı̀,
come pensata e intelligentemente concepita, tocca l'altro e suppone sempre
che il mio pensiero sia realmente collocato nella « confessione ». «Sensus »: non