ACTA BENEDICTI PP. XVI

 separamus territorium, prout in praesens lege civili circumscribitur, munici-

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 nanza quotidiana alla sofferenza sia dei nostri vicini e familiari sia di ogni

 IV

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 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale484

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 Congregatio pro Doctrina Fidei 489

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 Congregatio pro Doctrina Fidei 491

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale492

 Congregatio pro Doctrina Fidei 493

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale494

 Congregatio pro Doctrina Fidei 495

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale496

 Congregatio pro Doctrina Fidei 497

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale498

 Congregatio pro Doctrina Fidei 499

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 Congregatio pro Doctrina Fidei 501

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale502

 Congregatio pro Doctrina Fidei 503

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale504

 Congregatio pro Episcopis 505

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 Congregatio pro Episcopis 507

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale508

 Congregatio pro Episcopis 509

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 Diarium Romanae Curiae 511

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za. In concreto, la speranza di chi crede nel Dio che ha risuscitato Gesù dai

morti si protende con tutta se stessa verso quella felicità e quella gioia piena e

totale che noi chiamiamo vita eterna, ma proprio per questo investe, anima e

trasforma la nostra quotidiana esistenza terrena, dà un orientamento e un

significato non effimero alle nostre piccole speranze come agli sforzi che noi

compiamo per cambiare e rendere meno ingiusto il mondo nel quale viviamo.

Analogamente, la speranza cristiana riguarda certo in modo personale cia-

scuno di noi, la salvezza eterna del nostro io e la sua vita in questo mondo, ma

è anche speranza comunitaria, speranza per la Chiesa e per l'intera famiglia

umana, è cioè « sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo cosı̀

essa è veramente speranza anche per me ».4

Nella società e nella cultura di oggi, e quindi anche in questa nostra amata

città di Roma, non è facile vivere nel segno della speranza cristiana. Da una

parte, infatti, prevalgono spesso atteggiamenti di sfiducia, delusione e rasse-

gnazione, che contraddicono non soltanto la « grande speranza » della fede, ma

anche quelle « piccole speranze » che normalmente ci confortano nello sforzo di

raggiungere gli obiettivi della vita quotidiana. È diffusa cioè la sensazione

che, per l'Italia come per l'Europa, gli anni migliori siano ormai alle spalle e

che un destino di precarietà e di incertezza attenda le nuove generazioni.

Dall'altra parte, le aspettative di grandi novità e miglioramenti si concen-

trano sulle scienze e le tecnologie, quindi sulle forze e le scoperte dell'uomo,

come se solo da esse potesse venire la soluzione dei problemi. Sarebbe insen-

sato negare o minimizzare l'enorme contributo delle scienze e tecnologie alla

trasformazione del mondo e delle nostre concrete condizioni di vita, ma sa-

rebbe altrettanto miope ignorare che i loro progressi mettono nelle mani

dell'uomo anche abissali possibilità di male e che, in ogni caso, non sono le

scienze e le tecnologie a poter dare un senso alla nostra vita e a poterci

insegnare a distinguere il bene dal male. Perciò, come ho scritto nella Spe

salvi, non è la scienza ma l'amore a redimere l'uomo e questo vale anche

nell'ambito terreno e intramondano.5

Ci avviciniamo cosı̀ al motivo più profondo e decisivo della debolezza della

speranza nel mondo in cui viviamo. Questo motivo alla fine non è diverso da

quello indicato dall'Apostolo Paolo ai cristiani di Efeso, quando ricordava

loro che, prima di incontrare Cristo, erano « senza speranza e senza Dio nel

4 Ibid., 48. 5 Cfr N. 26.