ACTA BENEDICTI PP. XVI

 Kyaikmayaw, Chaungson, Paung, Beelin et Thaton. Novae ecclesialis com-

 Acta Benedicti Pp. XVI 259

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale260

 Acta Benedicti Pp. XVI 261

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale262

 Acta Benedicti Pp. XVI 263

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 Acta Benedicti Pp. XVI 293

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 Acta Benedicti Pp. XVI 295

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 Acta Benedicti Pp. XVI 315

 VIII

 a separação entre irmãos pertencentes à mesma nação, por causa de ideolo-

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 Acta Benedicti Pp. XVI 319

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 Acta Benedicti Pp. XVI 339

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 Congregatio pro Episcopis 341

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 Diarium Romanae Curiae 343

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale344

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Allora, prima riconosciamo tutti che in Africa il problema dell'ateismo

quasi non si pone, perché la realtà di Dio è cosı̀ presente, cosı̀ reale nel cuore

degli africani che non credere in Dio, vivere senza Dio non appare una ten-

tazione. È vero che ci sono anche i problemi delle sètte: non annunciamo, noi,

come fanno alcuni di loro, un Vangelo di prosperità, ma un realismo cristiano;

non annunciamo miracoli, come alcuni fanno, ma la sobrietà della vita cri-

stiana. Siamo convinti che tutta questa sobrietà, questo realismo che annun-

cia un Dio che si è fatto uomo, quindi un Dio profondamente umano, un Dio

che soffre, anche, con noi, dà un senso alla nostra sofferenza per un annuncio

con un orizzonte più vasto, che ha più futuro. E sappiamo che queste sètte

non sono molto stabili nella loro consistenza: sul momento può fare bene

l'annuncio della prosperità, di guarigioni miracolose ecc, ma dopo un po' di

tempo si vede che la vita è difficile, che un Dio umano, un Dio che soffre con

noi è più convincente, più vero, e offre un più grande aiuto per la vita. È

importante, anche, che noi abbiamo la struttura della Chiesa cattolica. An-

nunciamo non un piccolo gruppo che dopo un certo tempo si isola e si perde,

ma entriamo in questa grande rete universale della cattolicità, non solo trans-

temporale, ma presente soprattutto come una grande rete di amicizia che ci

unisce e ci aiuta anche a superare l'individualismo per giungere a questa

unità nella diversità, che è la vera promessa.

E ora, diamo di nuovo la parola ad una voce francese: è il nostro collega

Philippe Visseyrias di France 2:

Santità, tra i molti mali che travagliano l'Africa, vi è anche e in particolare

quello della diffusione dell'Aids. La posizione della Chiesa cattolica sul modo di

lottare contro di esso viene spesso considerata non realistica e non efficace. Lei

affronterà questo tema, durante il viaggio?

Io direi il contrario: penso che la realtà più efficiente, più presente sul

fronte della lotta contro l'Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi

movimenti, con le sue diverse realtà.

Penso alla Comunità di Sant'Egidio che fa tanto, visibilmente e anche

invisibilmente, per la lotta contro l'Aids, ai camilliani, a tutte le suore che

sono a disposizione dei malati... Direi che non si può superare questo proble-

ma dell'Aids solo con slogan pubblicitari. Se non c'è l'anima, se gli africani

non si aiutano, non si può risolvere il flagello con la distribuzione di preser-

vativi: al contrario, il rischio è di aumentare il problema. La soluzione può

trovarsi solo in un duplice impegno: il primo, una umanizzazione della ses-

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