ACTA BENEDICTI PP. XVI

 Kyaikmayaw, Chaungson, Paung, Beelin et Thaton. Novae ecclesialis com-

 Acta Benedicti Pp. XVI 259

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale260

 Acta Benedicti Pp. XVI 261

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 VIII

 a separação entre irmãos pertencentes à mesma nação, por causa de ideolo-

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 Acta Benedicti Pp. XVI 339

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 Congregatio pro Episcopis 341

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 Diarium Romanae Curiae 343

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durante tutto il periodo del mio pontificato è esistita e, grazie a Dio, continua

ad esistere.

Un altro sbaglio, per il quale mi rammarico sinceramente, consiste nel

fatto che la portata e i limiti del provvedimento del 21 gennaio 2009 non sono

stati illustrati in modo sufficientemente chiaro al momento della sua pubbli-

cazione. La scomunica colpisce persone, non istituzioni. Un'Ordinazione epi-

scopale senza il mandato pontificio significa il pericolo di uno scisma, perché

mette in questione l'unità del collegio episcopale con il Papa. Perciò la Chiesa

deve reagire con la punizione più dura, la scomunica, al fine di richiamare le

persone punite in questo modo al pentimento e al ritorno all'unità. A ven-

t'anni dalle Ordinazioni, questo obiettivo purtroppo non è stato ancora rag-

giunto. La remissione della scomunica mira allo stesso scopo a cui serve la

punizione: invitare i quattro Vescovi ancora una volta al ritorno. Questo

gesto era possibile dopo che gli interessati avevano espresso il loro riconosci-

mento in linea di principio del Papa e della sua potestà di Pastore, anche se

con delle riserve in materia di obbedienza alla sua autorità dottrinale e a

quella del Concilio. Con ciò ritorno alla distinzione tra persona ed istituzione.

La remissione della scomunica era un provvedimento nell'ambito della disci-

plina ecclesiastica: le persone venivano liberate dal peso di coscienza costi-

tuito dalla punizione ecclesiastica più grave. Occorre distinguere questo livel-

lo disciplinare dall'ambito dottrinale. Il fatto che la Fraternità San Pio X non

possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su

ragioni disciplinari ma dottrinali. Finché la Fraternità non ha una posizione

canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi

nella Chiesa. Bisogna quindi distinguere tra il livello disciplinare, che concer-

ne le persone come tali, e il livello dottrinale in cui sono in questione il

ministero e l'istituzione. Per precisarlo ancora una volta: finché le questioni

concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato

canonico nella Chiesa, e i suoi ministri - anche se sono stati liberati dalla

punizione ecclesiastica - non esercitano in modo legittimo alcun ministero

nella Chiesa.

Alla luce di questa situazione è mia intenzione di collegare in futuro la

Pontificia Commissione «Ecclesia Dei » - istituzione dal 1988 competente

per quelle comunità e persone che, provenendo dalla Fraternità San Pio X

o da simili raggruppamenti, vogliono tornare nella plena comunione col Papa

- con la Congregazione per la Dottrina della Fede. Con ciò viene chiarito che

i problemi che devono ora essere trattati sono di natura essenzialmente dot-

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