ACTA BENEDICTI PP. XVI

 Kyaikmayaw, Chaungson, Paung, Beelin et Thaton. Novae ecclesialis com-

 Acta Benedicti Pp. XVI 259

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 VIII

 a separação entre irmãos pertencentes à mesma nação, por causa de ideolo-

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 Diarium Romanae Curiae 343

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questo tempo. Da qui deriva come logica conseguenza che dobbiamo avere a

cuore l'unità dei credenti. La loro discordia, infatti, la loro contrapposizione

interna mette in dubbio la credibilità del loro parlare di Dio. Per questo lo

sforzo per la comune testimonianza di fede dei cristiani - per l'ecumenismo

- è incluso nella priorità suprema. A ciò si aggiunge la necessità che tutti

coloro che credono in Dio cerchino insieme la pace, tentino di avvicinarsi gli

uni agli altri, per andare insieme, pur nella diversità delle loro immagini di

Dio, verso la fonte della Luce - è questo il dialogo interreligioso. Chi an-

nuncia Dio come Amore « sino alla fine » deve dare la testimonianza dell'a-

more: dedicarsi con amore ai sofferenti, respingere l'odio e l'inimicizia - è la

dimensione sociale della fede cristiana, di cui ho parlato nell'Enciclica Deus

caritas est.

Se dunque l'impegno faticoso per la fede, per la speranza e per l'amore nel

mondo costituisce in questo momento (e, in forme diverse, sempre) la vera

priorità per la Chiesa, allora ne fanno parte anche le riconciliazioni piccole e

medie. Che il sommesso gesto di una mano tesa abbia dato origine ad un

grande chiasso, trasformandosi proprio cosı̀ nel contrario di una riconcilia-

zione, è un fatto di cui dobbiamo prendere atto. Ma ora domando: Era ed è

veramente sbagliato andare anche in questo caso incontro al fratello che « ha

qualche cosa contro di te » 4 e cercare la riconciliazione? Non deve forse anche

la società civile tentare di prevenire le radicalizzazioni e di reintegrare i loro

eventuali aderenti - per quanto possibile - nelle grandi forze che plasmano

la vita sociale, per evitarne la segregazione con tutte le sue conseguenze? Può

essere totalmente errato l'impegnarsi per lo scioglimento di irrigidimenti e di

restringimenti, cosı̀ da far spazio a ciò che vi è di positivo e di ricuperabile per

l'insieme? Io stesso ho visto, negli anni dopo il 1988, come mediante il ritorno

di comunità prima separate da Roma sia cambiato il loro clima interno; come

il ritorno nella grande ed ampia Chiesa comune abbia fatto superare posizioni

unilaterali e sciolto irrigidimenti cosı̀ che poi ne sono emerse forze positive per

l'insieme. Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si

trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti uni-

versitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tran-

quillamente lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa? Penso ad esem-

pio ai 491 sacerdoti. Non possiamo conoscere l'intreccio delle loro

motivazioni. Penso tuttavia che non si sarebbero decisi per il sacerdozio se,

3 0 O t t o b r e 2 0 0 9 - 0 9 : 3 6 p a g i n a 2 7 4 e : / 0 6 9 1 _ 9/L a v o r o/Ac t a _Ap r i l e _ 9 . 3 d GRECCO

4 Cfr. Mt 5, 23 s.