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Congregatio de Causis Sanctorum 703
704 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
706 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Acta Francisci Pp. 675
Evitava l'impedimento di avere sempre l'aspetto di uno molto occupato. È
qui il problema. La gente non si avvicina quando vede il suo pastore molto,
molto occupato, sempre impegnato.
Ognuno di noi ha conosciuto buoni confessori. Bisogna imparare dai
nostri buoni confessori, di quelli ai quali la gente si avvicina, quelli che
non la spaventano e sanno parlare finché l'altro racconta quello che è
successo, come Gesù con Nicodemo. È importante capire il linguaggio dei
gesti; non chiedere cose che sono evidenti per i gesti. Se uno si avvicina
al confessionale è perché è pentito, c'è già pentimento. E se si avvicina è
perché ha il desiderio di cambiare. O almeno desidera il desiderio, e se la
situazione gli sembra impossibile ( ad impossibilia nemo tenetur, come dice
il brocardo, nessuno è obbligato a fare l'impossibile). Il linguaggio dei ge-
sti. Ho letto nella vita di un santo recente di questi tempi che, poveretto,
soffriva nella guerra. C'era un soldato che stava per essere fucilato e lui
andò a confessarlo. E si vede che quel tale era un po' libertino, faceva tante
feste con le donne… « Ma tu sei pentito di questo? » - « No, era tanto bello,
padre ». E questo santo non sapeva come uscirne. C'era lì il plotone per
fucilarlo, e allora gli disse: « Di' almeno: ti rammarichi di non essere penti-
to? » - « Questo sì » - « Ah, va bene! ». Il confessore cerca sempre la strada, e
il linguaggio dei gesti è il linguaggio delle possibilità per arrivare al punto.
Bisogna imparare dai buoni confessori, quelli che hanno delicatezza con
i peccatori e ai quali basta mezza parola per capire tutto, come Gesù con
l'emorroissa, e proprio in quel momento esce da loro la forza del perdono. Io
sono rimasto tanto edificato da uno dei Cardinali della Curia, che a priori io
pensavo che fosse molto rigido. E lui, quando c'era un penitente che aveva un
peccato in modo che gli dava vergogna a dirlo e incominciava con una parola
o due, subito capiva di che cosa si trattava e diceva: « Vada avanti, ho capi-
to, ho capito! ». E lo fermava, perché aveva capito. Questa è delicatezza. Ma
quei confessori - perdonatemi - che domandano e domandano…: « Ma dimmi,
per favore… ». Tu hai bisogno di tanti dettagli per perdonare oppure « ti stai
facendo il film »? Quel cardinale mi ha edificato tanto. La completezza della
confessione non è una questione matematica - quante volte? Come? dove?... -.
A volte la vergogna si nasconde più davanti al numero che davanti al peccato
stesso. Ma per questo bisogna lasciarsi commuovere dinanzi alla situazione
della gente, che a volte è un miscuglio di cose, di malattia, di peccato e,
di condizionamenti impossibili da superare, come Gesù che si commuoveva