Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale138
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Congregatio de Causis Sanctorum 183
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intelligenza, la sua volontà, i suoi sentimenti, i suoi affetti; deve essere real-
mente uomo, uomo secondo la volontà del Creatore, del Redentore, perché
sappiamo che l'essere umano è ferito e la questione di « che cosa sia l'uomo » è
oscurata dal fatto del peccato, che ha leso la natura umana fino nelle sue
profondità. Cosı̀ si dice: « ha mentito », « è umano »; « ha rubato », « è umano »;
ma questo non è il vero essere umano. Umano è essere generoso, è essere
buono, è essere uomo della giustizia, della prudenza vera, della saggezza.
Quindi uscire, con l'aiuto di Cristo, da questo oscuramento della nostra na-
tura per giungere al vero essere umano ad immagine di Dio, è un processo di
vita che deve cominciare nella formazione al sacerdozio, ma che deve realiz-
zarsi poi e continuare in tutta la nostra esistenza. Penso che le due cose
vadano fondamentalmente insieme: essere di Dio e con Dio ed essere real-
mente uomo, nel vero senso che ha voluto il Creatore plasmando questa
creatura che siamo noi.
Essere uomo: la Lettera agli Ebrei fa una sottolineatura della nostra
umanità che ci sorprende, perché dice: deve essere uno con « compassione
per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo rivestito di debolez-
za » 1 e poi - molto più forte ancora - « nei giorni della sua vita terrena, egli
offrı̀ preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime a Dio che poteva salvarlo
da morte e per il suo pieno abbandono a Lui, venne esaudito ».2 Per la Lettera
agli Ebrei elemento essenziale del nostro essere uomo è la compassione, è il
soffrire con gli altri: questa è la vera umanità. Non è il peccato, perché il
peccato non è mai solidarietà, ma è sempre desolidarizzazione, è un prendere
la vita per me stesso, invece di donarla. La vera umanità è partecipare
realmente alla sofferenza dell'essere umano, vuol dire essere un uomo di
compassione - metriopathein, dice il testo greco - cioè essere nel centro
della passione umana, portare realmente con gli altri le loro sofferenze, le
tentazioni di questo tempo: « Dio dove sei tu in questo mondo? ».
Questa umanità del sacerdote non risponde all'ideale platonico e aristo-
telico, secondo il quale il vero uomo sarebbe colui che vive solo nella contem-
plazione della verità, e cosı̀ è beato, felice, perché ha solo amicizia con le cose
belle, con la bellezza divina, ma « i lavori » li fanno altri. Questa è una suppo-
sizione, mentre qui si suppone che il sacerdote entri come Cristo nella miseria
umana, la porti con sé, vada alle persone sofferenti, se ne occupi, e non solo
esteriormente, ma interiormente prenda su di sé, raccolga in se stesso la
1 5, 2. 2 5, 7.